giovedì 24 maggio 2007

Ancora dubbi sui blog? Chiedere ad Apple.


Leggendo siti e blog italiani o parlando con professionisti del settore delle relazioni pubbliche, c’è sempre stato e continua ad esserci una certa diffidenza sul reale potere dei blog nel mondo dell’informazione e della comunicazione.
Ma forse basterebbe buttare l’occhio un po’ più in là per capire che, come gli altri media, anche i blog possono riservare gioie & dolori e spesso le lacrime possono essere “molto salate”.
Engadget, fonte web delle più autorevoli sulle news nel campo delle tecnologie, ha pubblicato un articolo in cui annunciava forti ritardi (qualche mese ma in questo settore si può considerare un’eternità) della Apple nell’uscita dell’attesissimo Iphone e del sistema operativo Mac Os X 10.5.
La fonte doveva essere un’email interna dell’azienda inoltrata esternamente proprio ad Engadget quindi nulla di più sicuro se non fosse per il fatto che, dopo accertamenti, tale messaggio è risultato essere fasullo anche se maledettamente uguale ai messaggi di posta elettronica interni di Apple.
Risultato? In pochi minuti le azioni della Mela hanno iniziato a crollare al Nasdaq passando da 108,48 a 103,42 dollari per complessivi 4 miliardi di dollari di danno.
Nonostante la smentita di Apple sia stata tempestiva così come l’intervento riparatore di Engadget, il risultato prodotto è stato davvero sconcertante.

Per chi volesse approfondire qui potete trovare l’articolo di Engadget con la smentita.

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Il meeting planner del futuro


Nell’ultimo numero della rivista MC Meeting & Congressi, c’è un articolo interessante di Teresa Chiodo sulla figura del meeting planner aziendale, o meglio, sull’evoluzione di questa figura all’interno degli schemi di un’azienda.
Il concetto di base è che si presuppone un passaggio dalla mera operatività ad un ruolo più manageriale in cui il meeting planner definisce, assieme al direttivo, obiettivi ed investimenti legati all’evento riducendo (si spera) i costi e massimizzando (si spera anche questo) i risultati, di qualsiasi tipo essi siano.
Un po’ come avviene, o come dovrebbe avvenire, in una qualsiasi segreteria organizzativa in cui il meeting planner collabora a stretto contato del cliente per la progettazione e la realizzazione dell’evento, dialogando con le altre agenzie partner (ufficio stampa, catering, agenzie di spettacolo, grafica, ecc…) fungendo, a seconda della volontà (e dell’apertura mentale) del cliente, come fornitore di servizi e come consulente.
Quest’ultimo è forse l’aspetto più critico della professione e segna in definitiva la differenza tra un organizzatore d’eventi interno all’azienda o di un’agenzia (nel caso dell’outsorcing).
A mio avviso, il meeting planner deve necessariamente rientrare, soprattutto se facente parte dell’organigramma aziendale, nella pianificazione degli obiettivi dell’evento (o del progetto comunicativo) per poi poter definire ogni aspetto del convegno, della conferenza stampa, o di qualsiasi altra manifestazione si tratti.
Ecco perché sarebbe davvero triste sminuire ad una semplice operatività il lavoro del meeting planner soprattutto quando poi a lui vengono spesso fatte ricadere colpe e responsabilità non sue.
Un po’ provocatoriamente, invece, mi stupisco del motivo per cui gli enti pubblici non siano tutti (e sottolineo tutti) dotati di un professionista specializzato nell’organizzazione di eventi, in particolare di convegni e conferenze. In questi pochi anni di lavoro, ho potuto collaborare, o meglio, sono stato incaricato da amministrazioni pubbliche di organizzare alcuni piccoli convegni ed ogni volta viene affibbiato al meeting planner di turno un ruolo esclusivamente operativo. In poche parole non viene dato nessuno spazio alla consulenza del professionista ma ci si limita ad eseguire le direttive dei diversi funzionari o dirigenti con uno spreco di tempo ma, soprattutto, di denaro pubblico.
E questo non mi va giù doppiamente, sia da professionista sia da cittadino.Ad ogni modo tornerò presto ad analizzare l’evoluzione del meeting planner come “regista dell’evento”.

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mercoledì 2 maggio 2007

Che ognuno pensi al suo orticello... : (


Mi è arrivato oggi in ufficio NordEstEuropa.it, un mensile di confronto fra le culture riformiste del NordEst in cui ho trovato diversi articoli interessanti sulla realtà del nordest italiano.
La mia attenzione (sarà per la mia professione probabilmente...) è stata fin da subito attirata da alcuni pezzi sul mondo degli eventi, tra cui l’editoriale del direttore Roberto Morelli (Coloriamo le città di eventi e talenti) e la ricerca di Richard Florida e Irene Tinagli (intervistata in questo numero del mensile) sulla situazione “creativa” di queste regioni applicando il modello delle “tre T” (tecnologia, talento e tolleranza).
Leggendo l’intervista (sono disponibili gratuitamente solo poche righe, a pagamento l’intero pezzo) a Irene Tinagli potrete vedere quali sono (e perchè) le città più creative d’Italia e del NordEst. Ma non è questo l’elemento che ha suscitato in me qualcosa.
Il passo fondamentale, a mio avviso, è questo: “A differenza di altri Paesi, dove l’urbanizzazione è generalmente più concentrata, in Italia c’è un gran numero di città, cosa che inevitabilmente porta a una frammentazione delle risorse. Questo potrebbe essere un vantaggio se le città facessero rete per bilanciare le carenze, per migliorarsi e offrire ai propri abitanti un sistema integrato di servizi. Ma diventa un rischio se, viceversa, ognuna si isola dal contesto circostante.”
Parole importanti ed assolutamente non banali che riprendono perfettamente un altro post di questo blog relativo ai limiti della comunicazione pubblica .
In questa intervista, la Tinagli porta anche semplici esempi di collaborazione e cooperazione in altri paesi europei (soprattutto scandinavi) mentre in Italia sembra che curare il proprio orticello siano l’unica cosa importante.

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