mercoledì 14 febbraio 2007

I limiti della comunicazione pubblica

Uno dei primi post di questo blog datato 5 novembre e dal titolo “Dove tira il vento?” (http://www.laboratoriocomunicazione.it/2006/11/dove-tira-il-vento.html) riguardava un convegno organizzato da Assorel a Trieste per la presentazione di una ricerca Astra sullo stato delle attività di relazioni pubbliche nel Nord Est.

Tra i diversi relatori anche il dott. Fabio de Visintini, direttore dell’Ufficio Comunicazione della Regione Friuli Venezia Giulia il cui intervento era fondamentalmente basato sulla necessità di dividere in maniera risoluta e decisa la comunicazione pubblica da quella politica, tracciare quindi un solco netto tra la comunicazione degli Amministratori e la comunicazione dell’Ente/Istituzione.
Cambiano infatti i presidenti, le giunte ma l’Istituzione è sempre la stessa e così dev’essere anche per la sua reputazione/credibilità e la sua immagine.

Alessandro Rovinetti, segretario generale dell’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale ma soprattutto uno dei massimi esperti del settore, nel suo libro “Fare Comunicazione Pubblica” scrive esattamente: “…si è alimentata una certa confusione tra la comunicazione pubblica e quella politica. Fingendo che non fosse possibile definirne un preciso confine si è così favorito l’affermarsi di un lungo periodo in cui le competenze spesso hanno dovuto cedere il passo alle appartenenze. Con due pessimi risultati: il primo di “inquinare” il tanto auspicato e ricercato dialogo con il cittadino con una comunicazione inevitabilmente appesantita dalla propaganda e dalla ricerca del consenso; il secondo di giustificare la necessità di avere in questi settori dirigenti spesso non professionalizzati ma quasi sempre di schieramento”.

In un articolo sulla rivista della Camera di Commercio di Milano (Impresa & Stato n° 32), Franco Carlini, creatore dell’agenzia web Totem, analizza un ddl in materia di comunicazione istituzionale delineandone gli obiettivi (in grassetto i passi, a mio giudizio, fondamentali e le parole chiave):
- facilitare la comprensione e l’applicazione delle norme;
- agevolare l’utilizzazione dei servizi offerti al pubblico e migliorarne la qualità;
- attivare i cittadini per la soluzione di problemi di carattere sociale o comunque di interesse generale;
- informare i cittadini sulle funzioni, l’organizzazione, le procedure, il personale e i mezzi delle istituzioni dello Stato e dei poteri locali;
- promuovere la circolazione delle informazioni all’interno del sistema informativo, coinvolgendo e motivando il personale della gestione dei servizi pubblici;
- promuovere l’immagine dell’Italia all’estero e dare adeguata visibilità a eventi di importanza nazionale o internazionale.

Riassumendo ancora più brevemente, la comunicazione istituzionale serve ad avvicinare la PA ed il Cittadino portandoli sullo stesso piano, creando una relazione tra loro efficace e consapevole. Aiuta, cioè, Istituzione e Cittadino a comprendersi, collaborare e rispettarsi.

Sempre nel libro di Rovinetti, Roberto Moisio (capitolo 6 – C’era una volta l’ufficio stampa) scrive che l’introduzione della legge 150, oltre a riconoscere la comunicazione come attività professionale (e che quindi necessità di professionalità specifiche), segna “una riga di demarcazione tra la comunicazione politica e quella istituzionale” (con l’istituzione della figura del “portavoce”).
Nutro forti dubbi su questa reale divisione, dubbi supportati, a mio parere, da oggettivi comportamenti della PA. In Italia sono diverse le manifestazioni ed i premi istituiti per le migliori best practices nel settore della comunicazione pubblica ed istituzionale (vedi solo al Compa) ma allora mi sembra spontaneo chiedermi perchè queste buone pratiche non vengono riprodotte (il termine “copiate” suonerebbe male) tra le diverse amministrazioni riducendo così investimenti (e costi) di consulenza alla ricerca di sempre nuovi progetti di comunicazione?
Se il fine ultimo è il miglioramento del rapporto (e del servizio) con il cittadino, perchè non condividere le esperienze (intese come successi e fallimenti) tra le amministrazioni stesse in un’ottica di comunicazione interna della PA?

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2 Commenti:

Alle 17 febbraio 2007 alle ore 12:38:00 WET , Blogger elpi ha detto...

Per il mio stage di laurea specialistica ho lavorato 10 mesi nel Comune dove abito (8500 abitanti di profondo Nordest) con l’arduo obiettivo di migliorare e sistematizzare una comunicazione esterna fatta solo di volantini, locandine, lettere ed avvisi alla cittadinanza ovviamente scritti in burocratese doc.
Tralasciando tutte le prediche per uniformare alla stessa grafica ciò che usciva dall’Ufficio Ambiente e ciò che invece usciva dall’Ufficio Affari Generali…ho cercato di migliorare i rapporti con la stampa e ho rivoluzionato un sito web poco interattivo e fatto solo di informazioni generiche…
Tirando le somme della mia esperienza, posso dire che in molti piccoli comuni (leggi le amministrazioni che più di tutte sono vicine e a contatto diretto con i cittadini) è lo strumento di comunicazione che fa la differenza fra la comunicazione politica e la comunicazione istituzionale.
In altre parole, un comunicato stampa sarà sempre più politico che istituzionale, così come il giornalino-bollettino del Comune deve focalizzarsi sui risultati politici…
Cercare di far capire a Sindaco, Assessori ed alla maggioranza consiliare che le cose non stanno esattamente così è impresa a dir poco ardua ed il problema non è di replicazione delle buone pratiche, è proprio di comprensione delle possibilità e opportunità che può dare una efficace gestione della comunicazione. Forse tutto ciò è spiegato dal fatto che la normativa sulla attività di comunicazione è recente (per i tempi di assorbimento dei piccoli comuni) e in tempi di quadrature di bilancio sempre più al centesimo di euro, non è ritenuto di fondamentale importanza l’assunzione di una figura che coordini e migliori queste attività…
Credevo di vivere una situazione anomala nel panorama della comunicazione istituzionale, ma poi mi sono iscritta alla newsletter di Urp degli Urp e ho constatato che la realtà è questa anche in molti altri campanili d’Italia, sia al Nord che al Sud. La nota positiva è che dove esistono, gli impiegati all’URP sono davvero dei tuttofare che prendono in mano la situazione razionalizzandola e migliorandola, anche se i mezzi a disposizione non sono eccelsi. Credo che l’introduzione di questa figura sia importantissima e svolga nel lungo periodo il famoso ‘ruolo educativo alla comunicazione’ (espresso da Muzi Falconi) nei confronti sia di amministratori sia degli altri dipendenti. Si parla troppo spesso di far conoscere il ruolo e l’importanza delle rp e della comunicazione nelle organizzazioni, PA compresa…bisogna fornire i fatti e sporcarsi di più le mani, come fanno tantissimi semplici dipendenti pubblici…e lo dico soprattutto agli studenti universitari che preferiscono andare a fare fotocopie nell’ufficio comunicazione di una grande impresa, piuttosto che ragionare su scarsi mezzi ed inventare efficaci soluzioni…

 
Alle 19 febbraio 2007 alle ore 15:51:00 WET , Blogger Stefano Fait ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con quanto dici. Anch'io, prima di laurearmi, ho potuto fare una piccola esperienza (5 mesi) presso un'Amministrazione Pubblica ed, in particolare, presso un ufficio che si rapportava con categorie protette quali anziani e portatori di handicap.
E' vero, molte volte tutto è lasciato in mano all'operatore dell'ufficio, alla sua sensibilità e comprensione e senza nessun coordinamento o risorsa. Ma questo non può e non deve essere accettato soprattutto in un ufficio che, come quello dove ho lavorato, offre servizi ed assistenza a persone che ne hanno realmente bisogno (fortunatamente non è stato il mio caso!).
Ho avuto modo, inoltre, di approfondire l'argomento organizzando un corso di comunicazione pubblica (in programma a breve)ed in collaborazione con diversi professionisti del settore, corso che avrà proprio il principale obiettivo nel "sensibilizzare" la PA e costruire una cultura della comunicazione pubblica tra gli operatori.
Durante le mie ricerche, mi sono imbattuto in case history davvero semplici ma, al tempo stesso, efficaci e produttive sia per garantire un servizio sempre migliore al cittadino ma anche per facilitare il lavoro dei diversi operatori della PA.
Idee semplici ed a costo zero (!) fondamentalmente basate sull'organizzazione interna e sulla condivisione delle informazioni in maniera strutturata e responsabile.

 

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